Quando e come hai conosciuto Incalmi?
Stavamo lavorando per dei ristoranti di fascia alta e volevamo progettare l'illuminazione su misura. In quel periodo mia madre andava a Venezia ogni anno, e l’ho accompagnata. Ho visitato Murano e visto tutti quei bei lampadari, e quando sono tornato ho fissato alcuni incontri con diverse aziende, diverse fornaci, per vedere se potevo realizzare alcuni design personalizzati. Devo aver parlato con forse dieci o quindici produttori, ma la loro idea di custom era ”si può fare questo colore o quello. Si può fare argento o oro”. L'ultima persona che ho incontrato è stata Patrizia, non c'era ancora Incalmi. Ha detto "faremo quello che vuoi". Fine. Avevamo un progetto in corso, con dei tempi di consegna molto stretti, ma loro hanno rispettato la scadenza e i lampadari erano perfetti. Sono ancora nel bar della casa d’aste Sotheby a New York. Col passare del tempo, abbiamo iniziato a lavorare con Incalmi sempre di più.
Qual è il contributo di Incalmi ai vostri progetti?
Incalmi sperimenta e questo è fantastico per un designer, perché una delle cose più difficili è sentire ”no” tutto il tempo, ”no, non puoi farlo”. Incalmi invece dice sempre: ”Non lo so, proviamo”. E questa è musica per le mie orecchie. Finora abbiamo lavorato con legno, rattan, vetro, metallo, pietra, smalto, tessuto. Devo dire che è un grande contributo perché noi non produciamo nulla, noi progettiamo, e quindi quando progettiamo qualcosa abbiamo poi bisogno di qualcuno che poi lo fa. E avere un'azienda con cui collaborare che dice sempre "proviamo" è molto importante.